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Paesaggio campestre - Domenico Pecchio ( 1687 - 1760 )
Paesaggio campestre - Domenico Pecchio ( 1687 - 1760 )
Paesaggio campestre - Domenico Pecchio ( 1687 - 1760 )
Paesaggio campestre - Domenico Pecchio ( 1687 - 1760 )
Paesaggio campestre - Domenico Pecchio ( 1687 - 1760 )
Scheda Tecnica

Firmato Collezione privata, Italia

Periodo Settecento

Anno Casaleone 1687 - Verona 1760

Stato di conservazione Ottimo; praticamente intatta la materia pittorica.

Materiale Olio su tela

Larghezza Cm 60

Altezza Cm. 48

Tipologia Verona, 1730-40 circa. Olio su tela

Autore Domenico Pecchio

Scheda tecnica

Descrizione

Il rinvenimento dell’atto di battesimo di Domenico Pecchio, pone fine ad una lacuna biografica su tale pittore.

Nacque infatti il 20 maggio 1687, da “Joanne Pichio, et Lucia coniugi…” in Casaleone, grosso centro della bassa veronese, e morì a Verona il 14 aprile 1760. Suo padre era di professione barbiere, mestiere che il giovane Domenico non trovò congeniale, tanto da non intraprenderlo nemmeno, sentendosi invece proclive alla pittura. Lasciato il paese natio si trasferì a Verona, dove frequentò un corso di architettura e prospettiva, dedicandosi però contemporaneamente con predilezione, quale autodidatta, alla pittura di paesaggio.

Fu di indole schiva e modesta, ragione questa non secondaria, che favorì la scarsa conoscenza pervenutaci sulla sua attività artistica. Una limitata, ma determinante conoscenza di questo pittore, ci è stata tramandata da alcuni scritti del 1733, del pittore veronese Antonio Balestra (suo maestro); indirizzate da questi al Gabburri a Firenze, contenevano una presentazione di Pecchio, sia dal punto di vista artistico che biografico, corredando poi quest’ultimo di positivi giudizi personali; veniamo così a conoscere che Pecchio non ebbe un noviziato artistico, ma che quando dipingeva altro non era che una libera e schietta esternazione di sue intime sensibilità pittoriche “…il suo far è di paesi di molto buon gusto e la sua maniera è meravigliosa,…”1. Parole veramente lusinghiere, che non lasciano dubbi sulle qualità pittoriche del Pecchio.

Certamente molto fruttuosi debbono essere stati gli ammaestramenti del Balestra, specie per quanto poteva riguardare la tecnica pittorica; ma dove Domenico attinse per una più vasta conoscenza dell’ambiente fu dalla natura, conformandosi per la sua concezione compositiva all’opera dei grandi paesaggisti veneti, e molto assorbendo, da un innovatore come lo Zuccarelli, nell’orbita del quale venne astratto. A questo proposito fu tale l’ascendente che esercitò la pittura dello Zuccarelli sul Pecchio, che questi non disdegnò di copiare fedelmente i suoi dipinti; come conferma è documento la piccola tela Pastore e contadinelle con rustici in secondo piano, ora conservato al Museo di Castelvecchio di Verona, che altro non è che una copia fedele di un dipinto di Zuccarelli, già in collezione privata a Verona, passato ora a Venezia. Le varie assimilazioni diedero un’impronta eclettica alle sue tele; prediligeva scene agresti, interpretando con schiettezza e spontaneità, la campagna veronese ubertosa e varia, animando i suoi paesaggi con placidi armenti e graziose figurette di chiara impronta Zuccarelliana.

Il godimento visivo dei quadri, incontrò moltissimo il gusto dell’epoca e le commissioni furono frequenti, non solo dai suoi concittadini, ma anche per collezionisti veneziani e signori inglesi, come tramandateci da un noto pittore che lo eb be a ricordare: Cignaroli. “Questi si distinse in dipinger Paesi in piccolo con somma finezza, che molto aggradiva; onde per vari parti dipinse e specialmente per Signori inglesi…”2. Ne mancò di figurare in note manifestazioni artistiche pubbliche, quali quella della festa di San Rocco a Venezia e quella del Corpus Domini a Verona, nelle quali sempre riscosse plauso e unanimi consensi, come ci ha lasciato scritto il Bales tra: “…le so poi dire di più, che li suddetti (quadri) fatti per Venezia sono stati esposti colà in occasione della festa di S. Rocco, e ne hanno riportato un applauso indicibile, tanto da professori che da’ dilettanti…Il giorno passato del Corpus Domini, in cui, in occasione, si suol esporre de’ quadri, si son fatti onore con le loro opere sovra tutti li signori Rotari, Cignoroli e Pecchio…; così pure il Pecchio alcuni dei’ suoi paesi, che hanno incontrato nel genio universale, che non si lasciavano di tributarli mille encomi, e meritamente, perché erano d’un gran gusto…”3. Purproppo, ci sono giunte poche notizie su questo artista.

Lo spiccato gusto zuccarelliano di molte sue tele ha fatto sì che molte giacciono ancora sotto inesatta paternità che fa più comodo mantenere.In tutte le tele echeggia un canto modesto, ma melodioso: è l’esaltazione altamente poetica delle cose più semplici e umili, rese più attraenti e piacevoli, perché nella loro semplicità furono presentate con schietto linguaggio di ch i le ha vissute e amate. Paesaggio campestre con contadini, cani ed un uomo a cavallo. Il quadro in questione è uno esempio tipico della pittura del Pecchio. Il paesaggio campestre con figure di contadini si rifà alla pittura veneta di quel tempo; nel quadro alcune figure di contadini sostano lungo la strada mentre altri seguono il sentiero a cavallo. In primo piano vi è una coppia di contadini con il proprio figlio che dorme; i due osservano un cavaliere intento a domare un cavallo imbizzarrito; a lato, un’altra figura a cavallo sosta in prossimità di una sorgente d’acqua e osserva il cavallo che si disseta. In secondo piano vi sono due figure che si allontanano a cavallo e sulla collinetta, ai piedi di una rupe, si intravedono le sagome di due persone. Le figure ricordano molto gli echi della pittura dello Zuccarelli che Pecchio ha perfettamente assimilato e modificato secondo il proprio stile. Il paesaggio tipico della cultura veneta è dipinto in modo oculato e preciso; l’orizzonte si allunga e sfuma leggermente in lontananza, ma mantiene una minuziosità che supera le capacità ottiche dell’uomo; sicuramente il Pecchio nello sfondo si rifà a quella tradizione d’oltralpe che tendeva a sfondare l’orizzonte, pur mantenendosi fedele al paesaggio italiano ed in particolare alle tele dello Zuccarelli e di Zais. Le pennellate sono fini e precise e i colori sono vivi, ma attenuati dalla calma del paesaggio e dall’immediato tramonto del sole, che lascia un tenue colore giallo all’orizzonte. Tutte queste caratteristiche, se confrontate con altre opere del veronese mi portano ad attribuire alla mano di Domenico Pecchio il suddetto dipinto.

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